Simon Bening, La tentazione di Cristo
Vangelo di riferimento: Matteo 4,1-11
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
«La tentazione di Cristo»; Simon Bening, fiammingo, circa 1483 – 1561; Bruges, Belgio, Europa; circa 1525 – 1530; colori a tempera The J. Paul Getty Museum, Los Angeles,
Tempere, vernice dorata e foglia d’oro su pergamena 6 3/5 × 4 1/2 in | 16,8 × 11,4 cm
Collezione permanente
Il miniatore fiammingo del XVI secolo Simon Bening, dipinse scene simili, di carattere più sommesso. In una di esse, il diavolo si avvicina a Gesù con delle pietre da trasformare in pane. Satana appare come un semplice vecchio, la sua vera natura illustrata principalmente nell’aspetto di orecchie appuntite e piedi artigliati simili a uccelli. Il diavolo di Bening nel deserto ricorda il cherubino di Tiziano nel giardino: mentre uno è vecchio e uno è giovane, ognuno sembra abbastanza benigno in superficie e mostra un suggerimento apparentemente innocuo. L’opzione a portata di mano, tuttavia, è davvero la scelta tra il bene e il male. Adamo ed Eva furono persuasi a disobbedire a Dio. Cristo ha riconosciuto la depravazione dell’offerta e l’ha respinta in base alla legge di Dio.
Pensando di avvicinarsi a Gesù indebolito dopo il suo digiuno di quaranta giorni e quaranta notti, il diavolo lo tenta in tre modi diversi, ognuno raffigurato in questa miniatura. In primo piano, il diavolo suggerisce a Gesù di trasformare alcuni sassi in pane in modo da poter mangiare dopo quaranta giorni senza cibo.
Quindi, sullo sfondo a destra, il diavolo fa sedere Cristo sul pinnacolo del tempio della città santa, dicendo che se è veramente il figlio di Dio, può dimostrarlo gettandosi giù, poiché dovrebbe essere protetto dalla caduta dagli angeli.
Infine, nella terra di mezzo a sinistra, il diavolo porta Cristo su un alto monte da cui si possono vedere tutti i regni del mondo e gli offre queste terre se Cristo accetta di adorarlo. Gesù rifiuta freddamente tutte queste tentazioni e ordina al diavolo di andarsene.
Bening era specializzato in libri delle ore, che al suo tempo erano prodotti solo per membri delle famiglie reali o per clienti comunque molto ricchi.
Superando la tentazione manichea di vedere nel GI una banale opposizione tra Bene e Male, il lettore è posto di fronte a una stilizzazione poetica del paradosso teologico, dell’aporia secondo cui – per usare le stesse parole di Ivan Karamazov, che richiamano diversi snodi dell’Idiota – è «terribile che la bellezza non sia solo una cosa spaventosa, ma anche misteriosa. Qui è il diavolo che combatte con Dio e il campo di battaglia è il cuore degli uomini» (ivi, 100).
“Leggenda del Grande Inquisitore”, il racconto che fa capitolo a sé nei “Fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij,
Il racconto di Dostoevskij è imperniato sul Cardinale di Siviglia che arresta Cristo tornato sulla terra a far miracoli, e gli impartisce una lezione sulla necessità della salvezza universale e non di pochi eletti (i “dodicimila santi per ogni generazione”):
Gianfranco Ravasi
giovedì 17 novembre 2005
Ci sono sulla terra tre forze, tre sole forze capaci di vincere e conquistare per sempre la coscienza degli uomini, esseri deboli e ribelli, per la loro stessa felicità, e queste tre forze sono: il miracolo, il mistero e l’autorità. È una delle pagine più emozionanti della storia della letteratura: è la celebre “Leggenda del Grande Inquisitore”, incastonata nell’ultimo grande romanzo di Dostoevskij, I fratelli Karamazov (1878-1880). Al centro del discorso di quel gelido e terribile personaggio che sfida Cristo, in cui dovrebbe credere, ci sono le parole da noi citate. Apparentemente le «tre forze» che dovrebbero essere usate da Cristo per conquistare e asservire la coscienza degli uomini sembrano essere giuste ed evangeliche: Gesù non ha forse compiuto miracoli, non ha presentato in sé il mistero divino, non ha parlato e agito con autorità? In realtà il Grande Inquisitore nel suo progetto deforma queste tre realtà. Il miracolo per lui non è un atto d’amore, bensì un prodigio che inganna e attira, sul modello della tentazione satanica: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù dal pinnacolo del tempio!». Il mistero per lui è accecamento che avviluppa le capacità razionali e incatena la volontà umana. L’autorità è, invece, l’esercizio di un potere che costringe gli uomini «a inchinarsi e ad affidare la propria coscienza, divenendo un formicaio comune», l’esatto contrario dell’autorità evangelica che è un «servire» e un essere «ultimo e servo di tutti». Nelle parole del Grande Inquisitore c’è, dunque, l’inganno della falsa religiosità che si oppone al Vangelo che è un appello all’amore, alla libertà, alla coscienza. Sono queste le «tre forze» dello spirito che Cristo vuole esaltare.
l Mercoledì delle Ceneri, quando siamo stati contrassegnati con le ceneri benedette, abbiamo espresso pubblicamente il dolore per il peccato, la nostra determinazione ad intraprendere la disciplina quaresimale e siamo stati visibilmente contrassegnati con un segno visibile della forza e dell’eccellenza dell’umiltà. Le forme tradizionali di penitenza intraprese durante questo tempo santo, vale a dire la preghiera , il digiuno , la penitenza e l’elemosinafacci entrare nel mistero dell’obbedienza e dell’umiltà di nostro Signore. Con l’abnegazione, la disciplina e altre forme di penitenza umiliamo il nostro orgoglio peccaminoso (Prefazio III di Quaresima, Il Messale Romano ) e con le menti rese pure siamo maggiormente in grado di comprendere il significato della Passione di nostro Signore. Le nostre forme esteriori di penitenza esprimono un atteggiamento interiore di sottomissione alla volontà di Dio, di fiducia nella sua Provvidenza, di compassione per gli altri, specialmente per i poveri; i poveri materialmente e i poveri spiritualmente. Anche le devozioni tradizionalmente associate a questo tempo santo, come la Via Crucis, ci aiutano a conformarci al mistero dell’umile obbedienza di Nostro Signore.
Nel nostro modo particolare, e nelle circostanze concrete della nostra vita, ognuno di noi è impegnato in uno sforzo disciplinato per conformarsi al modello della vita di Nostro Signore e specialmente alla Sua Sacra Passione. San Tommaso d’Aquino ci insegna in termini molto semplici che la passione di Cristo basta completamente a plasmare la nostra vita. Chi vuole vivere perfettamente non deve fare altro che disdegnare ciò che Cristo ha sdegnato sulla croce e desiderare ciò che ha voluto, perché la croce esemplifica ogni virtù (Collatio 6 super Credo in Deum). Per questo Nostro Signore ci ha lasciato la Messa come memoriale della sua sacra passione. Nella Messa partecipiamo alla Sacra Passione di Nostro Signore per la salvezza del mondo e siamo uno con Lui nella Sua offerta al Padre. Quando questo mistero diventa veramente il mistero che definisce la nostra esistenza individuale, allora la brama di potere, vantaggio e gloria non hanno più attrattiva per noi e desideriamo solo la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime.
La nostra obbedienza quaresimale e la nostra unione con il mistero di Gesù nel deserto portano al Sacrificio di Gesù sulla Croce. La conoscenza salvifica o scienza della Croce è al centro dell’autentico discepolato cristiano e quindi preghiamo soprattutto per la grazia di giungere a una più profonda consapevolezza del potere della Croce e della nostra partecipazione a questo Mistero. Questo è al centro dell’autentico discepolato perché Nostro Signore stesso ci dice che un discepolo non è al di sopra del suo maestro, ma ognuno, quando sarà pienamente istruito, sarà come il suo maestro ( Lc.6:40). Chiediamo a Nostro Signore questa grazia: che possiamo arrivare a una comprensione e un amore più profondi della Croce. La Croce è il compimento di tutte le profezie e Gesù Crocifisso è sia la potenza che la sapienza di Dio. Pertanto, dobbiamo gloriarci nella Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, in cui è la nostra salvezza, vita e risurrezione, per mezzo del quale siamo salvati e liberati ( Gal. 6:14). ⧾
Ogni tentazione si svolge in un ambiente diverso.
- Pietre al pane. La tentazione di fare il pane con le pietre si verifica nello stesso ambiente desertico in cui Gesù aveva digiunato.
- Pinnacolo del Tempio. Dopo che la prima tentazione è stata respinta, il diavolo porta Gesù su un alto pinnacolo in quella che Matteo definisce la città santa.
- Montagna. Per la tentazione finale, il diavolo porta Gesù in un luogo alto, che Matteo chiama esplicitamente un monte, dove si possono vedere tutti i regni del mondo.